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Criteri metodologici

Sfondo integratore

Tutto ha una storia. Anche le discipline e gli insegnamenti. L'insegnamento della lingua, ad esempio, non può prescindere da un quadro storico ed evolutivo (anche in senso filologico) che fornisca motivazioni e stimoli agli alunni, affinché percepiscano gli studi linguistici non solo come una necessità, ma anche come un'attività che li migliora, che li trasformerà in uomini e donne in senso pieno. La storia della scrittura, ad esempio, ricerca condotta dagli alunni delle classi quinte, è stato un lavoro che si è rivelato affascinante, stimolante, denso di contenuti, che li ha resi consapevoli e protagonisti di quella che può essere considerata la più grande conquista umana.

Anche la geometria o la fisica si possono insegnare in senso storico, e gli alunni probabilmente riescono a seguire maggiormente. Così tutte le discipline. Ma occorre studiare la storia in modo diverso, in un modo anche più interessante.

Sono almeno tre gli aspetti di particolare valenza formativa che hanno caratterizzato l'avvio del progetto e che si intende ripercorrere:

1. Il solo fatto di aver dedicato del tempo ad illustrare e a discutere lo stesso nelle varie classi ha destato negli alunni non poche curiosità che rappresentano di per sé una nuova e fertile linfa.

2. L'impostazione informale della lezione, aperta alla libera espressione di opinioni e di considerazioni, inerenti anche i nuovi elementi di cultura, proposti secondo una prospettiva non manualistica, ha generato momenti di creatività propositiva e produttiva non indifferenti.

3. L'allontanarsi dall'aula, per recarsi in biblioteca, alla ricerca e alla lettura di testi dai quali trarre spunto per conseguire gli obiettivi condivisi, o per recarsi in laboratorio, dove discutere ed elaborare le proprie tesi, o, ancora di più, per recarsi all'esterno a esplorare siti e a scattare fotografie, ha fatto nascere entusiasmi e desiderio di partecipazione anche negli alunni più schivi.

Attività didattiche

Avendo a disposizione sia su internet, sia a scuola, sia a casa una quantità enorme di materiali da visionare e dovendo estrapolare da essi i fatti più significativi, è stato necessario imparare una tecnica utile, ma che in genere a scuola viene solo sfiorata: la pre-lettura, che consente di individuare in maniera veloce i testi o i brani da esaminare successivamente con più attenzione. Si è trattato in sostanza di far acquisire la capacità di selezionare materiali consoni agli obiettivi prefissati.

Per un approfondimento sulle tecniche di pre-lettura vi consigliamo di leggere l'articolo di Marco Mezzadri dal titolo "Verso una lettura efficace".

Consequenziale alla pre-lettura è stato il processo di individuazione delle frasi chiave, attraverso le operazioni di evidenziazione o di sottolineatura, di riflessione collettiva e di apposizione di note a margine o di simboli di richiamo; operazioni che preludono a un metodo di studio il quale raramente viene proposto.

Praticamente si sono formati due gruppi di lavoro per ogni classe (classi aperte), ognuno dei quali, attraverso attività di carattere laboratoriale, ha affrontato una tematica relativa a quanto programmato dall'insegnante di area col supporto dell'esperto.

Gli alunni hanno preso parte, inizialmente, ad una specie di tavola rotonda: hanno riletto i testi scelti, discusso, proposto soluzioni, sintetizzato, elaborato frasi originali, usato uno stile anche un po' ironico, diverso da quello usato solitamente nei libri.

Sono stati loro poi che hanno usato le apparecchiature informatiche: hanno digitato, salvato, stampato, spostato paragrafi, creato cartelle, utilizzato motori di ricerca, usato supporti, scannerizzato, fotografato, trasferito file, ecc. Il tutto vissuto noncome mero esercizio fine a se stesso, ma come insieme di attività con obiettivi e finalità precise e mirate.

Nel frattempo il gruppo degli alunni più grandi ha elaborato un template, ossia uno schema generale di quello che è stato il prodotto finale, studiato tecniche ipertestuali, di presentazione dei contenuti e di impaginazione, interagito a loro volta con i compagni più piccoli, fornendo indicazioni, correggendo, valutando, integrando, condividendo esperienze; diventando, con loro grande soddisfazione, dei tutor. E' stato un modo diverso di fare scuola, più interessante, più dinamico, più moderno, più adeguato alle nuove esigenze.

Il docente non è apparso più come un conferenziere, ma come una guida che che li ha stimolati nella ricerca (che non è un copiare di qua e di là), che ha fatto ricerca insieme agli alunni, che ha aiutato, consigliato, che ha indotto gli alunni stessi a scoprirsi, ad autovalutarsi e ad accettare i propri limiti, riconoscendo alla condivisione e alla collaborazione un valore immenso.

Gli alunni non hanno assistito, ma ascoltato, osservato, proposto, verificato e creato; sono diventati protagonisti del loro apprendimento: sono diventati competenti.

Vecchie e nuove strategie

Gli studenti, anche i più piccoli, devono e possono capire, purché sia proposto loro in modo adeguato, che solo la cultura rappresenta la vera ricchezza, che solo la cultura ha portato l'uomo dov'è ora e può condurlo ancora oltre.

Per ottenere ciò la scuola deve assolutamente rigenerarsi, se vuole veramente incidere sulle coscienze. Del resto la cultura informatica e telematica ha già stravolto o stravolgerà, comunque, tutti i metodi didattici attualmente in uso. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che è in atto.

Di solito, quando si studia, lo si fa secondo il metodo sistematico, per cui si inizia "sciroppandosi" una corposa parte teorica, e si finisce - a meno che uno non abbia una passione sfrenata - stanchi e disinteressati, con una quasi inutile parte pratica, super-ridotta, propinata come catalizzatore della futura esperienza personale. E' questo il caso di numerosi insegnamenti e corsi.

Non che il metodo sistematico non sia corretto, anzi, lo è molto; probabilmente però lo è un po' troppo, adatto a studiosi ideali piuttosto che all'alunno medio. Questo metodo mette ordine ad una materia o ad un argomento e può raggiungere la più assoluta completezza di trattazione. Il problema è che solo pochi riescono a resistere sino alla fine, solo pochi riescono a non annoiarsi e a non perdere l'interesse originario.

Lo scibile umano, a causa anche dello sviluppo tecnologico, aumenterà a dismisura, e se non si adotterà un metodo di studio diverso, la scuola sarà sempre più lontana dalla "cultura circolante" e dal mondo del lavoro.

Sarà anche il ritmo della vita moderna che si conduce, le esigenze impellenti, ma è ormai abituale mirare al sodo, cogliere subito il nocciolo della questione e disporre al più presto di quello che serve. E' per tale ragione che quasi sempre si avverte un certo senso di frustrazione quando il metodo di apprendimento non è al passo con le diverse esigenze, per cui si percepisce lo studio scolastico come un qualcosa di distaccato dalla vita quotidiana.

Il metodo descritto è il metodo di studio classico, che si è rispecchiato per secoli nel metodo di insegnamento scolastico e che ha dato frutti solo grazie alle bacchettate e alla pazienza dei discenti. Ha una qualche origine nel metodo deduttivo di Aristotele, nel razionalismo filosofico, e si è andato affermando specialmente nelle scuole europee di tipo umanistico.

E' ovvio che un qualsiasi studente senza sforzo e spirito di sacrificio non può raggiungere grandi traguardi, ma occorre dire che se tale metodo poteva essere ed è un'ottima cosa per mettere ordine al pensiero e alle ricerche degli studiosi, in molti casi è controproducente. La scuola ne ha preso coscienza negli ultimi quarant'anni, quando la nostra società è diventata più democratica ed ha bandito, almeno nei principi, la violenza e, quindi anche le bacchettate... A quel punto ci si è accorti che nelle classi di ogni ordine e grado la maggior parte degli studenti "non seguiva" più. Ci si è affrettati allora a rinnovare metodi e strumenti scolastici, senza tuttavia avere le idee molto chiare, almeno fino alla fine degli anni '70.

La ragione era semplice: l'individuo apprende naturalmente prima compiendo delle esperienze o comunque mettendolo in condizione di avere interesse per un certo problema, poi teorizzando, e non viceversa. Se tale sistema viene capovolto, l'individuo viene allontanato dalla sua realtà e per ciò prova disagio, potendo anche reagire negativamente. Innumerevoli casi di dispersione scolastica, così come innumerevoli piccoli e grandi traumi psichici, le rivolte studentesche, nonché momenti di noia e di sconforto hanno avuto origine da un metodo di studio sbagliato. Sbagliato non significa che debba essere oggi condannato, perché se oggi abbiamo coscienza dell'errore è perché la ricerca, le esperienze e la cultura nel suo complesso sono andate avanti. Il problema è però che tutto quello che viene appreso a scuola non può essere conseguito ripercorrendo nelle pareti delle aule tutte le esperienze delle generazioni precedenti, ciò, ovviamente per limiti di tempo. Ecco perciò che la parte teorico-espositiva non può essere eliminata, ma può senz'altro subentrare in un secondo tempo, o comunque essere in genere sintetizzata.

Certamente non tutto è semplice, alcuni apprendimenti costano tempo e fatica, ma ci costano molto di più se non sono interessanti o comunque utili nell'esperienza quotidiana.

A scuola ancora si studiano ripetitivamente capitoli, si spiega e si interroga, si compongono pile di quaderni con infiniti esercizi e problemi. E' pur vero che lo sforzo e l'esercizio creano la funzione, ma è chiaro che un esercizio fatto nel modo sbagliato ha effetti sicuramente negativi.

A scuola, invece, si discute ancora poco, si riflette e si lavora poco insieme, non si seguono realmente gli interessi culturali che anche i ragazzi hanno. Molto più spesso si impone.

Considerazioni sociologiche

Il tempo che viviamo è denso di "cose" e di avvenimenti, ma non tutti, specialmente i bambini e i ragazzi, hanno coscienza delle loro esperienze. La scuola si sforza di insegnare a capire la realtà, per interagire con essa nel modo migliore e per conseguire quel "bene comune" di cui quasi nessuno più parla. Ma il più delle volte si scontra col disinteresse. Altri sono gli stimoli che catturano l'attenzione degli alunni, altre le cose alle quali essi pensano.

La scuola si è rinnovata, ma forse non ha fatto ancora abbastanza. La voglia di "giochicchiare" (oggi va di moda farlo col cellulare) è certo naturale, come pure la vivacità. Probabilmente sarà anche colpa dei coloranti e dei conservanti presenti specialmente in merendine, gelati e bibite (a proposito, perché non tracciarne la storia?), ma sempre più spesso si sconfina nell'esagerazione.

Abbiamo l'impressione che si vada diffondendo un'etica condizionata più dalla pubblicità e dai mass-media che dalla scuola, un'etica che non scende in profondità, un'etica che genera competizione e scontro e in cui i valori morali sui quali si fonda la nostra civiltà, non contano più, nell'illusione che il denaro e gli oggetti posseduti, magari quelli di ultima generazione, siano la fonte della felicità. Questa etica, purtroppo, per usare le parole di Massimo Piattelli Palmarini, è frutto forse di una illusione cognitiva (L'illusione di sapere, Arnoldo Mondatori Editore, 1993).

Per oltre un secolo la Storia raccontata sui libri di scuola è stata in gran parte una storia di guerre, rivoluzioni, invasioni, dominazioni, tragedie. E' certamente una storia importante che bisogna conoscere per una serie di motivi, ma, principalmente, per non ripetere gli errori del passato e per comprendere i sacrifici che ci sono voluti nella costruzione una società più giusta, in grado di riconoscere diritti, doveri e valori, anche se ancora siamo lontani da un livello diffuso di civiltà matura.


Questa non è però l'unica Storia o, quantomeno, l'unico modo per raccontarla, specialmente ai ragazzi, i quali difficilmente possono nutrire interessi per fenomeni che rientrano nella sfera della politica.

Accanto a questa Storia ne esiste un'altra, della quale nei libri scolastici spesso si trovano solo brevissimi cenni, anche se negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Esistono storie di idee, di problemi, di linguaggi, di innovazioni tecniche e di scoperte che hanno cambiato la faccia del pianeta e la vita di miliardi e miliardi di persone. Eppure sono sconosciute ai più o addirittura non se ne trova traccia.

Facciamo cose di cui non conosciamo nemmeno il senso. Quanti sanno, ad esempio, il perchè delle maiuscole, croce e delizia dei bambini della primaria?

Viviamo circondati da oggetti di cui ignoriamo sia le fattezze, sia la provenienza. Com'è fatto un telecomando? Chi lo ha inventato? Avete mai riflettuto sul fatto che ha condizionato non solo il modo di fare televisione ma anche la politica e la società? Sapete come e quanto?

Lo studio della Storia dovrebbe essere affrontato con un approccio diverso. Occorrerebbe soffermarsi di più sulle cause e sugli effetti di certi fenomeni, sull'origine delle cose che quotidianamente osserviamo, usiamo, pensiamo e crediamo, tralasciando - dovendo scegliere - quei dettagli di cronaca di poca rilevanza che a distanza di tempo vengono dispersi.

Chi ricorda, ad esempio, tutte le fasi contorte delle innumerevoli battaglie che ha studiato, le (tele) novelas dell'antica Roma o le congiure al tempo delle invasioni barbariche?

Relativamente ai vari eventi andrebbe costruito un quadro concettuale e cronologico, ma ogni "racconto", dovrebbe seguire un filo logico e tematico. Interrompere la storia d'Italia per passare a quella Francese o viceversa è come seguire una sera due episodi di due distinti telefilm. Questo modo di procedere è infatti più mediatico che culturale. Nell'interrompere un racconto, infatti, alcuni legami, alcune emozioni, alcune tensioni ideali rischiano di perdersi per sempre.

Non si può nemmeno aspettare il terzo anno della scuola secondaria di primo grado per parlare di guerra fredda...


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