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Scomparso il 4 febbraio 2013, è stato un grande poeta e scrittore calabrese, figlio di Michele De Marco, il famosissimo Ciardullo. Nato a Perito, una frazione del comune di Pedace, in provincia di Cosenza, è vissuto a Milano per diversi anni, ma d'estate ritornava sempre al suo paese al quale era rimasto molto affezionato. Ha seguito sempre i fatti che accadevano nella sua terra e teneva molto alle sue tradizioni e origini. Ha ricevuto numerosi premi e ha partecipato a diverse manifestazioni.
Nei suoi libri usa, in maniera artistica, un dialetto italianizzato, comprensibile a tutti, che già di per sé è divertentissimo, tanto che diversi comici locali oggi lo imitano. Le sue espressioni sono però molto profonde, e in italiano non avrebbero lo stesso effetto.
Il suo teatro è una penetrante e significativa riflessione sulla condizione umana, in cui si incontrano personaggi caratteristici, col loro modo di essere e di fare.
Il brano che vi presentiamo è l'inizio di "Mio caro patre, ovvero l'epistorario di Rosarbino", un ragazzo partito dalla Calabria per fare il militare a Milano. Ai suoi tempi non c'era il telefono e perciò scriveva al padre delle simpaticissime lettere per raccontargli quello che gli accadeva in questa grande città:
Caro patre, ti scrivo da sordato
sulla balice questa cartolina.
Ho aggiunto alla caserma stamattina
e ancora nun mi è niente capitato.
La camerata di sordati china,
para la piazza quannu cc'è mercato.
Alla divisa chi già m'hannu dato
ci mancanu le scarpe e la bustina.
Nu marasciallu cu li baffi a ncino,
disse che a capu ho quantu na vrascera
e li piedi ppe aiuole di giardino!
Ha chiestu aiuto a n' atru magazzino
ca la misura mia da lui non c'era.
Speriamo bene. Baci
Rosarbino
In un'altra lettera divertentissima leggete come Rosarbino descriva un tema:
Il tema, comu certu tu nun sai,
è na littera longa, senza caro,
senza saluti e baci, chi tu fai
stannu attientu alli sbagli e scriva chiaru.
Quelli ti danno sulu la nzignata,
tu inchi a carta e ci la dai firmata.
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