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Numeri

Ci piace iniziare con queste bellissime frasi sulla matematica.

La matematica è l'alfabeto col quale Dio ha scritto l'universo. (Galileo Galilei)

O studianti, studiate le matematiche, e non edificate senza fondamenti. (Leonardo da Vinci)

La matematica è la porta e la chiave delle scienze. (Ruggero Bacone, 1214-1294)

Cari amici, dovete sapere che i numeri non esistono! O, meglio, esistono solo nella nostra immaginazione. Tanto tempo fa alcuni popoli riuscivano ad immaginare solo piccole quantità. I numeri, comunque, venivano indicati con piccoli oggetti: sassolini, bastoncini, legumi, piccoli ossi, castagne, ghiande, ecc. Oggi nella scuola primaria si usano i regoli.

Calcolare deriva dal latino calculus e vuol dire "pietruzza". Infatti, anticamente, per contare si usavano molto più spesso i sassi, perché non si deperivano.

Per non portare pesi in tasca qualcuno pensò di scriverli. Il modo più semplice di rappresentarli era disegnare delle tacche su di un osso.

Pare che già l'uomo di Neanderthal fosse in grado di effettuare dei conteggi.
Il reperto più antico che porta delle tacche per contare è una fibula di babuino di 37mila anni fa, trovata in Africa.

Quando si dovevano scrivere numeri molto grandi ci volevano molti ossi e molto tempo a disposizione, così qualcuno inventò le cifre.

Uno dei primi popoli ad usare le cifre fu quello dei Gumulgal australiani che usava due sole cifre chiamate urapon(1) e ukasar(2). Così per ottenere cinque facevano ukasar-ukasar-urapon. Conoscevano praticamente già la numerazione in base due, detta binaria!

Con questo sistema però, per scrivere numeri molto grandi a uno gli poteva venire il sonno, perciò vennero inventati sistemi di numerazione a basi più alte. Le basi che oggi sono usate di più sono base 10 e base 60. La base 10 è quella che usiamo noi e la base sessanta è quella usata nel quadrante degli orologi (1 ora = 60 minuti, 1 minuto = 60 secondi).

I primi a fare operazioni con i numeri furono gli Indiani e i Babilonesi, i quali inventarono un sistema posizionale delle cifre molto simile a quello usato da noi oggi. I problemi furono forse inventati dagli Egizi.


Numeri Indiani, da Wikimedia

Proprio gli Egizi usarono molto la base 10, ma siccome non conoscevano lo zero ricorrevano a segni diversi quando dovevano indicare 10,100,1000, ecc. Dovevano ricordare però un sacco di cifre.

Noi invece usiamo sempre gli stessi segni però cambiati di posto. Nei posti vuoti mettiamo lo zero.

I testi più antichi di matematica che sono stati ritrovati sono il Papiro di Mosca e il Papiro di Rhind, che contiene regole e metodi per affrontare diversi tipi di problemi. Gli Egizi, ancora, scrivevano, al contrario di noi i numeri più grandi a destra e i più piccoli a sinistra.

Gli Egizi non conoscevano le tabelline perciò ci mettevano molto tempo a fare le moltiplicazioni e le divisioni. Infatti per eseguirle le trasformavano in addizioni successive del moltiplicando o del divisore.

Essi inventarono anche le equazioni e le frazioni.

Una equazione è essenzialmente una uguaglianza tra una moltiplicazione e un altro numero. Per esempio 3x2=6 è una equazione. Se per caso non conosciamo il 2, lo indichiamo con la lettera z, chiamata incognita. Avremo, perciò: 3xz=6. Ora per calcolare z faremo: z=6/3, cioè 2. E l'equazione è così risolta.

Per scrivere 1/3 usavano questi simboli:


Una frazione egizia

Sempre gli Egizi inventarono infine il calendario, come sistema per misurare il tempo.

Anche i popoli della Mesopotamia furono bravi nelle equazioni.

Grandi matematici furono i Greci. Fra essi ricordiamo Eudosso di Cnido, il quale scoprì le proporzioni tra i rapporti, cioè tra le divisioni.

Prendiamo, per esempio, due rapporti:

8:4= 2 e 6:3=2

Ci accorgiamo subito che i risultati sono uguali, perciò i due rapporti si dice che sono proporzionali e si può scrivere:

8:4=6:3

Si legge "8 sta a 4 come 6 sta a 3".

Eudosso di Cnido si accorse che il prodotto dei numeri estremi (8x3=24), è uguale al prodotto dei numeri medi (4x6=24).

Questo vuol dire che se in una proporzione non conosciamo un numero, basta moltiplicare i medi o gli estremi tra di loro e poi dividere quello che viene per l'altro numero. Ad esempio, nella proporzione precedente

4=8x3:6

Questa scoperta consentì la risoluzione di numerosi problemi, come ad esempio quelli di questo tipo:

Giovanni per 12 mattoni spende 5 euro. Quanto Spende per 36 mattoni?

Il problema, detto del 3 semplice, si risolve con questa proporzione, dove z è l'incognita:

12:5=36:z

Sappiamo già che:

z=5x36/12 cioè:

z=180/12 cioè 15

Le proporzioni vennero riprese in geometria anche da Euclide e da Talete.

Quest'ultimo divenne famoso perché riuscì a misurare la piramide di Cheope senza salirci sopra.

Se volete sapere come fece, cliccate su "geometria" nel menu a destra.

Per Pitagora, anch'egli greco e che visse in Calabria, tutto ciò che esisteva era espresso da numeri, come per esempio colori, suoni, ecc… ed effettivamente…

Si interessò molto dei numeri primi, cioè di quelli che si dividono solo per 1 e per se stessi, ma non hanno altri divisori interi: 1, 3, 5, 7, 11, 13, 17, ecc, necessari per eseguire i calcoli complessi. Distinse ancora i numeri in pari e dispari, questi ultimi detti gnomoni, perché ottenuti per mezzo dello gnomone, una striscia ad angolo retto contenente dei pallini disposti in modo da riempire un quadrato.


Lo gnomone

Il 3 lo considerava il numero perfetto. Il 10 numero "perfettissimo", fondamento e modello di tutte le cose.

Proprio per questo egli preferì a tutti il sistema di numerazione a base 10 o decimale.

Il grande studioso divenne però famoso, anche fra i bambini, per aver introdotto la cosiddetta Tavola o Mensa pitagorica (le tabelline!), che permette ancora oggi di eseguire velocemente moltiplicazioni e divisioni.

Pitagora è ricordato anche per aver perfezionato e diffuso quello che oggi è conosciuto come Teorema di Pitagora, che gli antichi Egizi, i Babilonesi e i Cinesi, avevano già intuito (cliccate su "geometria").

Essi infatti lo applicavano per misurare il terreno e per squadrare i grossi blocchi di pietra utilizzati per le piramidi e per altri grandiosi edifici.

Un altro studioso greco che si interessò dei numeri primi fu Eratostene, famoso per aver dimostrato la sfericità della terra ed averne calcolato, come è spiegato nella storia della geometria, la circonferenza.

Egli inventò una semplice tabella con la quale, in maniera semplice si potevano trovare tutti i numeri primi. Venne chiamata Crivello di Eratostene. Come in un setaccio i multipli di un determinato numero vengono eliminati e quelli che rimangono sono i numeri primi.

Archimede di Siracusa fu un grande scienziato e, fra le altre cose, iniziò ad occuparsi di grandi numeri e di calcoli complessi.

I Cinesi idearono i numeri negativi usati ad esempio nella misura delle temperature (che certo conoscerete) e, con ogni probabilità, si occuparono anche di potenze e di radici quadrate.

52 (si legge "5 alla seconda" o "5 al quadrato")= 5x5 = 25 è una potenza.

V25= 5 è una radice quadrata.

I Maya inventarono invece il sistema posizionale delle cifre, che facilita le addizioni e le sottrazioni, poiché si possono fare in colonna. Proprio quello che usiamo noi ora.

Gli Incas usavano la base 40 e una specie di abaco chiamato yupana.

Il libro sul quale comparvero per la prima volta le cifre e l'aritmetica moderna fu il Sindhind, di autori indiani. Esso venne studiato e approfondito dall'arabo al-Khuwarizmi, il quale descrisse i metodi di calcolo, chiamati oggi con la parola "algoritmi" che assomiglia molto al suo nome. Egli introdusse anche i numeri relativi e l'algebra.

La loro forma delle cifre arabe col tempo cambiò, fino a quando non venne inventata la stampa.

L'italiano Leonardo Fibonacci fece molti viaggi nei paesi arabi e si accorse forse che i mercanti erano più bravi di lui a farsi i conti. Quindi volle scoprire il segreto dei loro numeri. Egli si accorse che questi erano molto più comodi dei numeri romani e così nel 1200 scrisse un libro di grande successo: Il libro dell'abaco. In questo libro comparvero per la prima volta le frazioni come le scriviamo noi oggi.

Leonardo Fibonacci scoprì anche una famosa sequenza di numeri chiamata proprio sequenza Fibonacci. In essa si parte da zero e uno e ogni altro numero si ottiene sommando i due numeri precedenti.
0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13 ,21, 34, 55, 89, 144…

Il bello di questa semplice sequenza, le cui coppie di numeri danno sempre come rapporto un numero vicino a 1,618, detto sezione aurea, è che essa si trova anche in natura. Ad esempio i fiori, in genere, hanno un numero di petali che rispetta le stesse regole della sequenza. Ma anche gli esseri umani rispettano questi numeri quando costruiscono cose. Una scheda telefonica, ad esempio, è lunga otto centimetri e larga cinque; le note del piano forte sono divise in ottave, ecc.

Ci volle però il 1500 per vedere in Europa le cifre arabe. All'inizio c'era anche chi non le vedeva di buon occhio e per qualche tempo, in alcuni posti vennero pure proibite. Proprio in quel tempo nacquero le Scuole d'abaco, frequentate dai figli dei mercanti. E' in queste scuole che si apprendevano a fare le operazioni.

L'addizione si faceva più o meno come la facciamo oggi, con i numeri in colonna e i riporti, solo che, molto spesso, la somma veniva indicata sopra.

La sottrazione si faceva pure come la facciamo noi oggi, ma c'era anche il sistema per completamento: si sommava il minuendo con il completamento a 10 della cifra del sottraendo, scrivendo solo le unità; ma se la somma era meno di 10 si doveva usare il completamento a 9. Questo sistema era facile però si poteva fare confusione ed oggi non viene insegnato più.



L'addizione e la sottrazione nel 1500

Il metodo usato oggi per la moltiplicazione in Toscana lo chiamavano per biricucolo, dal nome di una crostata. Prendeva anche altri nomi, ma c'erano anche altri sistemi, come ad esempio quello a gelosia, dal nome della grata che protegge alcune finestre. Si scrivevano i fattori uno sopra e uno a destra di una griglia con le diagonali e si scrivevano i prodotti parziali con le decine sopra e le unità sotto le diagonali; poi si sommavano le colonne oblique.


Moltiplicazione a gelosia

Tra tutti i libri di matematica ricordiamo anche il trattato di Filippo Calandri, il quale propose il metodo della divisione a danda, detto così perché il dividendo deve dare una cifra da mettere davanti al resto precedente. Esiste anche una variante di questo metodo: quella a danda corta o di testa, perché i resti e le dande vengono tenuti a mente.

Nel '500 diversi matematici usavano sfidarsi in pubblico, tirando fuori sempre nuove scoperte. Come quando Scipione del Ferro scoprì la soluzione delle equazioni di terzo grado, riproposta anche da un altro grande matematico, Niccolò Tartaglia, divenuto famoso, quest'ultimo, per aver inventato un triangolo di numeri (Triangolo di Tartaglia), che consentiva di risolvere le potenze di somme algebriche (binomi). Ludovico Ferrari individuò invece un metodo per risolvere le equazioni di quarto grado.

Una delle più grandi scoperte della matematica furono i logaritmi. Il logaritmo di un numero è l'esponente da dare ad una base per ottenere quel numero. Per esempio log3 81=4. Proposti nel 1614 da John Napier, i logaritmi, di cui vi raccomandiamo lo studio, si dimostrarono utilissimi perché semplificavano molti calcoli complessi, come ad esempio quelli astronomici.

Egli in Italia venne chiamato Nepero e divenne famoso anche per aver inventato dei regoli che consentivano di effettuare abbastanza velocemente moltiplicazioni con una cifra al moltiplicatore e altro. Questi regoli vennero chiamati bastonconi di Nepero. Per fare 6 x 384, ad esempio, si faceva cosi: al regolo dell'1 si allineavano i regoli delle cifre che componevano il 384; si sommavano poi i numeri in diagonale in corrispondenza del numero 6 ed il gioco era fatto! Bravo vero? Questa fu una delle prime calcolatrici.


Moltiplicazione con i bastoncini di Nepero, da Wikimedia

I segni + e - erano già comparsi nel 1489, con gli scritti di Johann Widman; prima si usavano le parole plus e minus. Il segno x venne usato per la prima volta da William Oughtred e i segni > e < vennero introdotti dall'inglese Harriot, nel 1621. In quel periodo Robert Record usò per la prima volta il simbolo = .

Sempre nel '600 Gottfried Leibniz studiò il sistema di numerazione binario, cioè in base 2, che trovò applicazione solo duecento anni dopo, con l'ideazione del computer! Se oggi possiamo usarlo e se possiamo videogiocare lo dobbiamo proprio a lui. Per la realizzazione delle scene tridimensionali i processori delle nostre consolle devono effettuare migliaia di calcoli al secondo, proprio con questo sistema di numerazione!

Nel '700 Eulero iniziò ad usare le parentesi e il pi greco, quest'ultimo per indicare il numero fisso del rapporto tra la circonferenza e il suo diametro, ossia 3,14.

In seguito Jean D'Alambert studiò i giochi e il calcolo delle probabilità. Carl Friedrich Gauss approfondì l'algebra, come pure l'italiano Paolo Ruffini, che scoprì regole per il calcolo dei polinomi, cioè delle somme di numeri. Bernhard Riemann, invece, divenne famoso per l'ipotesi (ipotesi di Riemann) secondo la quale i numeri primi sono prevedibili in base a una certa regola. Questa ipotesi non è ancora stata dimostrata, ma se così fosse, tutti i codici segreti usati in informatica, basati su numeri primi, non sarebbero più sicuri! Trovare e dimostrare questa regola è il più grande rompicapo di tutti i tempi, per cui il Clay Mathematics Institute ha offerto un milione di dollari a chi troverà la soluzione!

George Boole, sviluppando i concetti espressi da Leibniz sul sistema binario si accorse che il linguaggio macchina del computer poteva servirsi di due soli elementi di informazione: 0 e 1. Si parlò quindi di codice binario o in base due, mentre ogni elemento di informazione fu detto "bit".

Il problema principale fu però quello di imitare il ragionamento umano. Ma è qui che Boole ebbe forse una delle idee più geniali nella storia dell'umanità. Secondo lui

Ogni funzione logica, anche complessa, poteva essere espressa mediante tre soli tipi di operatori logici elementari:

la congiunzione "e" (es. io e lei)
la disgiunzione "o" (es. io o lei)
la negazione "no" (es. nessuno)

Il primo vero software della storia che utilizzò un sistema logico di questo tipo fu quello ideato, intorno al 1835, dalla signora inglese Ada Augusta Byron, che utilizzò gli schemi di Luigi Menabrea per applicarli alla macchina analitica di Babbage, che fu quindi il primo vero computer, ma che non funzionò mai veramente, perché poteva essere azionato solo a manovella…

Nel secolo scorso nacque quindi l'informatica.

Alan Turing, pensò per la prima volta ad un sistema di lettura/scrittura/elaborazione dati. Intanto John Von Neumann definì anche lui per la prima volta il concetto di elaboratore elettronico a programma memorizzato, la cosiddetta 'macchina di Von Neumann'. Seguirono numerosi altri studi che potete trovare al nostro link Hardware e software.

Intanto, agli inizi del 1900, arrivarono numerosi matematici, fra i quali ricordiamo George Cantor, che sviluppò l'insiemistica; Kurt Gödel, che sostenne la necessità logica dell’esistenza di Dio e, per finire, Bertrand Russell, filosofo della matematica, il quale sosteneva che « Il problema dell'umanità è che gli sciocchi e i fanatici sono estremamente sicuri di loro stessi, mentre le persone più sagge sono piene di dubbi. »

Egli divenne molto famoso per un paradosso, noto come "paradosso di Russel" o "paradosso del barbiere". Un paradosso è un ragionamento logico che contiene nello stesso tempo frasi che si contraddicono. Quello del barbiere faceva più o meno così: "In un paese c'è un solo barbiere che rade tutti quelli che non si radono da soli. Se il barbiere si rade da solo allora non è rasato dal barbiere...ee...eee... eh????!!!!" Ma come è possibile, direte voi. Ebbene il ragionamento non fa una grinza, ma nello stesso tempo è assurdo. Con quest'altro rompicapo molti matematici andarono in crisi, ma lo stesso Russel iniziò a tranquillizzare tutti dicendo che una cosa che si afferma non è sempre reale. Però, qualche dubbio rimane. E la ricerca continua.

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