Questa immagine, ottenuta al microscopio elettronico, mostra degli atomi di platino ingranditi 2.700.000 volte. E' come se avessimo preso la punta di uno spillo e l'avessimo fatta diventare grande quanto l'Etna!
La parola "chimica" deriva forse da "khemeia", che, nella lingua egizia significa egiziano.
La storia della chimica iniziò quando si capì che alcune sostanze potevano trasformarsi in altre o avere effetto sull'uomo e sull'ambiente.
Migliaia di anni fa vennero scoperti i primi fenomeni chimici.
La scoperta del
fuoco, cioè della combustione della legna che diventa cenere, deve essere stato uno dei primi processi chimici scoperti dall'uomo. Col fuoco i cibi potevano essere cotti e quindi subire dei cambiamenti.
Alcune comunità scoprirono che l
e piante potevano essere coltivate, fra queste il grano, che dava la farina, buona per fare le focacce.
Gli Egizi scoprirono che la terra nera del Nilo conteneva
humus, una sostanza formata da resti animali e vegetali decomposti, che risultava ottima per le piante.
Antichi fabbri scoprirono il
bronzo, una lega metallica molto resistente, ottenuta combinando rame e stagno.
Già 10.000 anni fa i popoli che abitano intorno al mar Mediterraneo scoprirono la
trasformazione del mosto in vino.
Qualcuno un giorno, dopo aver dimenticato forse da qualche parte un impasto di farina, lo ritrovò rigonfio; era successo che
microscopici funghi, presenti sempre nell'aria, lo avevano fatto
lievitare. Provò lo stesso ad infornarlo e tirò fuori il primo soffice pane.
Fu scoperta per caso forse anche la
caseificazione, cioè la trasformazione del latte in formaggio ad opera del caglio, una sostanza presente nello stomaco di animali.
"Si racconta che un giorno un viaggiatore mise del latte in una sacca di pelle, e poi l'appese al suo cammello, dovendo intraprendere un lungo viaggio nel deserto. Dopo aver viaggiato per delle ore trovò il suo latte trasformato in una gradevole e gustosa crema. Il caldo, la sacca e la continua agitazione avevano creato le condizioni ideali per la fermentazione del primo
yogurt!"
http://yogurt.altervista.org/modules/edito/edito.php ?idedito=2 Il tutto era accaduto grazie a dei microbi chiamati
lattobacilli.
Diversi popoli, fra cui sempre gli Egizi, scoprirono il processo di
mummificazione e quello di
imbalsamazione dei defunti. Il primo consisteva nella disidratazione del corpo, cioè nell'eliminazione dell'acqua attraverso il calore; il secondo consisteva nella conservazione del corpo ottenuta spalmandovi sopra degli olii e delle resine.
Si racconta poi che un certo Esculapio aveva una pecora ammalata e che, dopo aver mangiato un'erba selvatica, guarì. Così gli uomini iniziarono a
curare le malattie con le parti di alcune piante ed erbe che loro stessi raccoglievano e utilizzavano.
Ancora per caso venne scoperta forse la conservazione delle pelli, detta
concia. Qualcuno probabilmente buttò delle pelli in un acquitrino e dopo tanto tempo le ritrovò intatte. Era successo questo: una sostanza chiamata
tannino, presente nelle piante, aveva consentito alle pelli di non imputridire.
Col tempo vennero scoperti altri
conservanti, utilizzati specialmente per gli alimenti. Molti si accorsero che il vino, quando era stato troppo aperto, diventava
aceto, grazie all'azione degli
acetobacter. Questo, come pure il s
ucco di limone, entrambi acidi, usati insieme al
sale e all'
olio, impedivano ai cibi di venire attaccati dai microbi.
Qualcuno mescolò olio o grasso con la cenere di alcune piante marine che contenevano soda e inventò il sapone. Ciò avvenne forse nella città di Savona, il cui nome assomiglia proprio alla parola "sapone".
Qualche altro provò a mescolare diverse sostanze e ottenne i
coloranti, come ad esempio la
porpora.
Secondo il filosofo greco Empedocle esistevano delle sostanze dalle quali derivavano tutte le altre: acqua, aria, fuoco e terra. Secondo il grande Aristotele questi quattro elementi si trasformavano perché volevano raggiungere la perfezione. Doveva quindi esistere un quinto elemento già perfetto che egli chiamò
etere. Tutte queste però erano solo fantasie. Ma un altro greco che si chiamava
Leucippo pensò che il segreto della materia stava nelle particelle più piccole delle sostanze, che
Democrito, un suo allievo, chiamò
atomi, cioè particelle indivisibili. Per lui gli atomi erano diversi in ogni elemento e le sostanze composte erano un miscuglio di atomi di diverso tipo. Le aveva azzeccate tutte ma le sue ipotesi non vennero accettate per quasi 2.000 anni perché le idee di Aristotele sembravano più accettabili.
Coloro i quali si occupavano di tutte queste cose si chiamavano
alchimisti, dalla parola alchimia, che in greco significa scioglimento o fusione. C'era chi cercava anche di trasformare i metalli in oro, perché pensava che esistesse
il segreto della "pietra filosofale". Molti erano seguaci di un certo
Ermete Trimegisto, che significa "re tre volte grande", un personaggio forse inventato.
Gli alchimisti arabi riuscirono ad estrarre
l'alcool dal vino, distillando questo con uno strumento chiamato
alambicco, una specie di pentola collegata a un tubo a serpentina nel quale il vapore d'alcool perdeva tempo, si raffreddava, si condensava e andava a gocciolare in un altro recipiente.
Alcuni riuscirono ad estrarre anche
olii,
profumi e
sostanze medicinali. Molti alchimisti pensavano che dovesse esistere anche
l'elisir di lunga vita, un liquido che avrebbe potuto rendere immortali. Ma era solo una favola.
Non fu più una favola, invece, la
produzione di nuovi materiali, non esistenti in natura, grazie alle ricerche e agli esperimenti di alcuni alchimisti cinesi. Ricordiamo la
carta e la
polvere da sparo o pirica, conosciuta già nell'antica Cina e composta da carbone, zolfo e nitrato di potassio, un sale contenuto ad esempio nelle efflorescenze biancastre che si formano in ambienti umidi.
Lo studio dei materiali portò ad altre importanti scoperte e applicazioni. Si racconta che i Fenici scoprirono il
vetro, dopo che qualcuno aveva acceso un falò sulla spiaggia. La sabbia, sottoposta ad una certa temperatura si trasforma infatti in questo materiale che venne e viene usato oggi in moltissimi manufatti.
Altri studi vennero fatti nel campo delle
malte, cioè i leganti di pietre e mattoni. La malta più antica era fatta da una terra finissima, l'argilla, impastata con acqua. Quando questa si asciugava l'argilla aderiva alla superficie dei blocchi mantenendoli uniti. La stessa argilla veniva usata per fare diversi oggetti come vasi e statuine. Qualcuno si accorse che l'argilla cotta diventava più resistente e inventò la
ceramica, che ebbe diverse varianti:
- La terracotta, materiale di argilla cotto una sola volta ad una temperatura non molto elevata. Comparvero mattoni e tegole realizzati in laterizio, a pasta più porosa, e in Olanda venne prodotto il klinker, materiale molto duro grazie ottenuto grazie a temperature più elevate. Comparvero pavimenti detti di cotto e poi vasi, anfore e giare. A proposito sapete qual è la differenza tra anfore e giare? Le seconde sono più grandi e più larghe.
- La terraglia, materiale realizzato con terre più pregiate, cotto una prima volta, poi smaltato e poi nuovamente cotto a temperature più elevate. Era usato per gli oggetti da cucina (pentole, scodelle, ecc.).
- La maiolica, simile alla terraglia, ma fatta con miscele che vetrificavano.
- Il gres, ottenuto con pietra vulcanica e caolino.
- La porcellana, più dura dell'acciaio, ottenuta grazie ad una seconda cottura a 1400 gradi! E' un materiale che non invecchia mai!
L'uso del
gesso e della
calce risale a 10.000 anni fa. Ci sono tracce in Asia minore e in Galilea. Furono ancora i Fenici a scoprire che
la calce resisteva all'acqua e poteva essere usata anche per cisterne, piscine ed acquedotti.
Cuocendo pietre calcaree in fornaci dove la temperatura poteva arrivare anche a 1000 gradi, si otteneva dapprima la
calce viva, così chiamata perché a contatto con l'acqua rilasciava molto calore. Essa veniva usata nella fabbricazione della carta o come disinfettante. Prima di essere utilizzata come legante doveva essere "
spenta". Veniva spesso mescolata a sabbia, pezzi di argilla cotta o pozzolana, una sabbia proveniente da Pozzuoli e usata dagli antichi Romani. Ciò rendeva la calce ancora più resistente e venne detta
calcestruzzo.
Purtroppo con il medioevo molte di queste tecniche vennero dimenticate e le malte prodotte furono di scarsa qualità. Ci vollero quasi mille anni prima che le cose iniziassero a migliorare. E fu
James Parker che per primo, nel 1796, selezionando alcuni tipi di rocce e utilizzando forni più moderni, ottenne un primo tipo di
cemento. Più tardi
James Frost produsse, cuocendo
marne argillose, il Cemento Portland, chiamato così perché assomigliava alle rocce dell'isola di Portland. Il calcestruzzo ottenuto con cemento venne poi utilizzato da
Joseph Monier per la realizzazione del
cemento armato.
Ritornando un po' indietro, quando Cristoforo Colombo scoprì l'America, precisamente nel 1492, gli Europei scoprirono che nel cosiddetto Nuovo Mondo esisteva un albero dal quale si ricavava una resina bianca, che gli indigeni usavano per costruire vari oggetti. L'albero era l'
Hevea Brasiliensis, detto anche "
caucciù" o albero della gomma. Si chiamava anche "albero che piange", perché questa resina fuoriusciva dalle incisioni praticate sul suo tronco.
Ci vollero comunque ben 750 anni prima che
Charles Marie de la Condamine scoprisse come utilizzare meglio il lattice di gomma.
C'era però un problema: La gomma, quando veniva trasportata da un posto all'altro, si induriva. Questo problema fu risolto da
Antoine-François de Fourcroy, che scoprì come aggiungervi sostanze che la potessero ben conservare. Nacquero così guarnizioni, rivestimenti e quant'altro oggi conosciamo.
Però la gomma era pur sempre troppo morbida. Ma un giorno il Signor
Goodyear mise a punto un processo per renderla più resistente e non più appiccicosa, aggiungendovi zolfo e piombo a caldo. Questo processo venne detto
vulcanizzazione.
Intanto
Joseph Priestley si accorse che la gomma era buona anche per cancellare i segni di matita e di penna e
O.Meyer e
Thomas Hancock ottennero, attraverso particolari procedimenti, l'
ebanite, uno dei primi isolanti elettrici.
Nel 1860
Williams scoprì la molecola della gomma, utilizzando il lavoro fatto precedentemente da
Faraday trenta anni prima; così, finalmente,
Tilden, oltre venti anni dopo (!) ottenne per la prima volta al mondo la
gomma sintetica. Ci vollero, però, altri 50 anni di studio e di esperimenti per sintetizzare una gomma migliore di quella naturale. Colui il quale ebbe questo merito fu
A.M. Collins.
La gomma sintetica iniziò ad essere adoperata tra la prima e la seconda guerra mondiale. Tra i primi oggetti costruiti con questo materiale vi furono gli
pneumatici, brevettati da
Dunlop.
Una gomma particolare è ancora oggi quella da masticare. Per gli Aztechi la gomma era un bene preziosa e la usavano per tenere puliti i denti. La usava anche il popolo dei Maia e la chiamavano "chicle" cioè "pallina di gomma". Ma anche gli antichi Greci dell'isola di Chios maticavano una resina che estrevano dalla'albero del lentischio e che chiamavano "mastica".
L'invenzione vera e propria della gomma da masticare (
Chewing Gum), si deve all'americano
William Semple, che nel 1869 brevettò un prodotto a base di caucciù, zucchero e aromi vari. In italia la cosiddetta "gomma del ponte" iniziò ad essere prodotta ben 77 anni dopo, grazie ai fratelli Perfetti.
La maggior parte degli italiani non riusciva a pronunciare correttamente la parola in inglese e perciò chi la chiamava "gingomma", chi "gigomma", chi "cicomma", chi "cicca", ecc. Con il tempo nacquero nuove aziende di gomme americane che produssero nuovi gusti e nuovi formati.
Nel XIX secolo, accanto agli studi sulla gomma, fiorirono anche altre ricerche su nuovi materiali più leggeri, più resistenti e più economici.
Nel 1845 un chimico tedesco di nome
C.F. Schoenbein aveva creato, con la cellulosa degli alberi, un nuovo prodotto.
Alexander Parker, venti anni dopo, brevettò un nuovo materiale, la
parkesine o
celluloide, che fu il primo tipo di plastica con cui vennero costruite ad esempio penne e pellicole fotografiche. Qualche anno dopo
John Wesley Hyatt, riuscì a fabbricare un nuovo materiale duro per poter costruire le palle da biliardo, in maniera tale che non si usasse più l'avorio delle zanne degli elefanti. Con questa invenzione vinse ben 10.000 $ in un concorso.
Agli inizi del secolo scorso
Leo Hendriche Baekeland creò anch'egli un nuovo e resistentissimo materiale, la
bachelite, usata in quegli anni specialmente per costruire telefoni, radio e macchine fotografiche.
Frederik Stanley inventò invece il
silicone, che saprete sicuramente per cosa viene usato. Non lo sapete?
Ci volle ancora qualche anno e arrivò la
formica. Non la formìca, la fòrmica! Si trattava di una lamina che veniva usata per rivestire arredamenti costruiti con pannelli economici, come il truciolare o il compensato. Col tempo però ci si accorse che rilasciava
formaldeide, un gas nocivo, per cui oggi i mobili vengono costruiti secondo nuove norme.
Sapreste immaginare che cos'è il
polimetilmetacrilato? sembra uno scioglilingua. Si tratta del più noto
plexiglas, un vetro praticamente di plastica, usato per fanali, acquari, CD, DVD e lenti a contatto.
Arrivò il 1938 e
Wallace Carothers inventò il
nylon, usato ancora oggi per ottenere fibre molto resistenti e il
poliestere, usato per fabbricare capi d'abbigliamento che non si spiegazzano. Tali fibre si affiancarono alla
viscosa o
rayon, già prodotta qualche decennio prima da
Hilaire Bernigaud de Chardonnet.
E, proprio mentre qualcuno pensava a far scoppiare la seconda guerra mondiale,
Ray Plunkett scoprì il
teflon, il prodotto che ancora oggi viene lavorato per ottenere le padelle antiaderenti, che però, attenzione, vanno bene solo se non sono graffiate.
Otto Bayer diede inizio, invece, alla produzione di
poliuretano, una schiuma usata per sottomarini e aerei.
Negli anni '50, nella
Montedison di Ferrara, venne sintetizzato per la prima volta anche il
moplen, che insieme al
polietilene trovò un largo impiego nella fabbricazione di recipienti e oggetti di diverso tipo. La costruzione di automobiline a pedali, si deve proprio all'invenzione del moplen! Famosa è rimasta la pubblicità che, durante il celebre Carosello, il bravissimo Gino Bramieri in quegli anni i faceva al prodotto. La abbiamo trovata su
Youtube!
Sempre in quegli anni,
FR. Katte e
Ivanovic Ostromislenski diedero vita per la prima volta al
vinile, usato specialmente per i dischi. E nacquero anche il
polistirolo, il
PVC e il
policarbonato. ll primo iniziò ad essere usato specialmente per imballi e isolamenti termoacustici; il secondo per paraurti, finestre, tubi e altro; il terzo è usato in modo particolare nei caschi. Quest'ultimo, come del resto tutte le materie plastiche presentava il vantaggio di essere leggero, resistente e inalterabile.
A partire dal 1965 comparve il
kevlar, usato anche per sostituire l'acciaio!
Ma, a questo punto, ritorniamo indietro nel tempo, perché la storia della chimica è fatta da tante storie. Accanto alla storia dei materiali sintetici, vi è la storia delle scoperte che portarono a capire com'è fatto il nostro mondo.
Nel 1715
Georg Ernst Stahl, servendosi degli studi di
Johann Joachim Becher, attribuì le trasformazioni della materia ad un fluido, detto
flogisto, che entrava e usciva, secondo lui, dalla stessa. Questa ipotesi venne sostenuta per oltre sessant'anni, fino a quando
Antoine-Laurent Lavoisier, conducendo esperimenti sulla combustione, scoprì le
reazioni chimiche, nelle quali si accorse che le sostanze di partenza avevano un peso uguale a quello delle sostanze finali. Questa conclusione venne detta "
legge della consevazione della materia". Storica è rimasta una sua frase:
"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma". Egli scoprì anche i primi
elementi chimici, non scomponibili, come l'azoto, l'ossigeno e l'idrogeno; e scoprì che l'acqua, in quanto formata da questi due gas, era uno degli innumerevoli composti presenti sulla Terra.
In seguito altri due chimici,
Josepf-Louis Proust e
John Dalton, scoprirono che le sostanze si combinano in diversi modi ma sempre secondo, proporzioni definite. Ad esempio un grammo di ferro si combina sempre 0,57 grammi di zolfo. Ciò portò lo stesso Dalton e anche J
öns Jacob Berzelius a riprendere, nel 1807, la teoria atomica che oltre 2000 anni prima avevano formulato Leucippo e Democrito!
Nel frattempo
Joseph Louis Gay-Lussac condusse degli esperimenti sui gas e si accorse che, a seconda dei gas che combinava, otteneva risultati diversi. C'era qualcosa che sfuggiva. Così
Amedeo Avogadro pensò che in realtà le sostanze erano composte da
molecole e che queste, a loro volta erano formate da
atomi uguali o diversi. Dopo di lui
Stanislao Cannizzaro confermò la teoria di Avogadro.
Intanto venne rilevato che se veniva fatta passare della corrente elettrica in certe soluzioni, si provocavano delle reazioni chimiche che davano origine agli
ioni, atomi o molecole che si comportavano esattamente come delle calamite.
L'attenzione degli scienziati si rivolse al
passaggio di elettricità nei gas rarefatti. Vennero realizzati allo scopo dei
tubi di vetro a bassa pressione (
tubo di Braun, tubo di Geisler, tubo di Crookes), all'interno dei quali venivano posti, separati, due piastrine di metallo dette
elettrodi (
catodo, con polarità negativa, e
anodo con polarità positiva), collegati a un circuito elettrico. Vennero così scoperti i
raggi catodici, quelli che fino a poco tempo fa facevano funzionare gli schermi dei televisori.
Il
Thomson, nel 1897, a conclusione di questi ed altri esperimenti, realizzò di aver scoperto una nuova particella avente carica negativa, poiché proveniva dal catodo: l'
elettrone. Anche i
protoni, con carica positiva, furono scoperti mediante un apparecchio a raggi catodici.
Sulla base delle sue scoperte egli realizzò un
modello, secondo cui l'atomo era una sfera contenente al suo interno gli elettroni e, essendo l'atomo neutro, una massa di protoni tale da bilanciare la carica negativa degli stessi elettroni.
Il russo
Dmitrij Ivanovic Mendeleev, intanto, osservò che, dopo un certo numero di elementi ordinati in base alla loro composizione, si verificava una ripetizione delle proprietà chimiche, e tale osservazione costituirà la base della sua celebre
tavola periodica degli elementi.
Fra gli oltre 100 elementi, ci si accorse che il più leggero è l'idrogeno, contraddistinto dal numero 1, ed il più pesante, è l'uranio, numero 92. I primi 92 elementi esistono in natura, 11 sono stati creati in modo artificiale.
Altre scoperte si susseguirono, come per esempio quella dei
raggi X. Il modello di Thomson continuava però a lasciare parecchi dubbi. Da poco tempo, intanto, erano state scoperte, nei materiali radioattivi, le particelle dette
alfa,
beta e
gamma. Deciso a risolvere i dubbi rimasti,
E. Rutherford bombardò con delle particelle alfa (con carica positiva), un sottilissimo foglio d'oro. Secondo il modello di Thomson, le particelle avrebbero dovuto subire un leggera deviazione , nonché un'altrettanto lieve perdita di velocità.
I risultati non furono esattamente quelli previsti: non solo le particelle deviavano molto più di quanto teorizzato, ma spesso alcune invertivano addirittura il poprio moto. Questo fu il commento dello stesso Rutherford:
"Fu l'evento più incredibile che mi fosse mai capitato nella vita. Altrettanto incredibile che se vi fosse capitato di sparare un proiettile da quindici pollici su un pezzo di carta velina e questo fosse tornato indietro a colpirvi."
In
questa rappresentazione è possibile avere una vaga idea di cosa si aspettavano i ricercatori e di cosa accadde realmente.
Se fosse stato valido il modello di Thomson, cioé se l'atomo avesse avuto una struttura omogenea, la particelle alfa avrebbero dovuto comportarsi tutte nello stesso modo, perché in qualunque punto avessero colpito la lamina metallica avrebbero trovato situazioni equivalenti.
In realtá le particelle alfa si comportarono in modo diverso: per la maggior parte passarono senza subire nessuna deviazione, ma alcune vennero deviate secondo vari angoli e alcune vennero addirittura respinte.
Che spiegazione avreste dato voi?
Rutherford formulò questa ipotesi:
Gli atomi erano formati da un
nucleo di protoni positivo, poi avevano una larga zona vuota e tutt'intorno c'erano gli
elettroni negativi, che, per non cadere sul nucleo dovevano orbitare a gran velocità attorno ad esso. Esattamente per come avviene per i pianeti intorno al sole.
Così le particelle che non venivano deviate erano quelle che passavano nella zona vuota. Quelle che si avvicinavano ai nuclei venivano deviate per effetto della repulsione elettrica, visto che sia le particelle che i nuclei sono positivi; tanto piú si avvicinavano ai nuclei, tanto piú fortemente venivano deviate. Quelle che andavano direttamente verso i nuclei venivano respinte: queste ultime erano poche, perché il nucleo occupa una parte molto piccola rispetto allo spazio occupato da un atomo e quindi la probabilitá che una particella si dirigesse proprio contro un nucleo era bassa.
Il modello atomico di Thomson venne quindi sostituito da quello di Rutherford, ma anche questo lasciava problemi insoluti. Gli elettroni, infatti, non potevano ruotare, dato che in questo modo avrebbero perduto presto la loro energia.
Questo apparente insormontabile paradosso venne risolto da
Niels Bohr. Egli suppose che esistessero delle
orbite stabili sulle quali l'elettrone potesse rimanere senza perdere energia. Secondo quest'idea le orbite dell'elettrone erano, quindi, prestabilite o, come si dice scientificamente,
quantizzate. Per passare da un'orbita con energia minore a un'orbita con energia maggiore (cioé da un'orbita piú interna a una piú esterna), o viceversa, l'elettrone doveva ricevere o cedere energia.
Apparve ad un certo punto chiaro che
le reazioni chimiche dipendevano dall'ultima orbita, che poteva contenere massimo 8 elettroni (
ottetto elettronico). Infatti, se l'ultima orbita era completa, l'atomo era stabile e non si univa con nessun altro atomo, mentre, se non era completa, era instabile e cercava di unirsi con altri atomi per raggiungere il completamento, condividendo alcuni elettroni con altri atomi; il numero di questi elettroni si chiamò "
valenza", mentre l'unione di due o più atomi prese il nome di
legame chimico.
Accadeva, ancora, che lo spostamento degli elettroni da un'orbita all'altra provocava l'emissione di radiazioni (ottiche, raggi X, ecc..) e che, in condizioni normali, l'elettrone si trovava sempre nell'orbita più bassa, ma se riceveva la quantità di energia necessaria poteva "saltare" in un'orbita più alta, per poi ritornare, dopo un breve istante, nell'orbita dov'era, restituendo l'energia. Se l'atomo veniva privato di elettroni esterni, in maniera tale che questi diventassero liberi, si generavano
correnti elettriche.
Tuttavia alcuni fenomeni non potevano essere ancora spiegati. Un raggio di luce, come dimostrato da Eistein, poteva causare l'
effetto fotoelettrico, cioè l'emissione di elettroni da parte di alcuni metalli che ne venivano colpiti. Venne così concluso che sia le particelle di luce, cioè i
fotoni, sia gli elettroni avevano una
duplice natura, corpuscolare ed ondulatoria!
La
nuvola di carica elettrica disposta intorno al nucleo venne chiamata
orbitale.
Lo studio delle
reazioni nucleari portò infine nel 1932, ad opera di
J.Chadwick alla scoperta di particelle senza carica: i
neutroni, che avevano una massa di circa 1.800 volte superiore a quella dell'elettrone.
Enrico Fermi ipotizzò che neutroni e protoni sono tenuti insieme, vincendo la repulsione elettrica tra le cariche positive, grazie alle cosiddette
interazioni forti.
Sino agli anni '30 le particelle conosciute erano soltanto protoni, neutroni ed elettroni, poi, con le nuove ricerche e le nuove scoperte le cose si sono complicate sempre maggiormente.
Si è scoperto che
i neutroni si possono trasformare in protoni e che tutti e due sembra siano composti da particelle ancora più elementari: i
quark. Sul finire degli anni Sessanta, infatti, presso lo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC), elettroni ad alta energia venivano sparati ad altissime velocità contro protoni e neutroni. Dalla distribuzione degli elettroni, (un po' come accadde a Rutherford) risultò evidente che questi si scontravano contro particelle elettricamente cariche contenute all'interno sia dei protoni, sia dei neutroni.
Nel 1932,
Anderson, studiando i raggi cosmici, osservò una particella con la stessa massa dell'elettrone, ma con carica opposta: questa particella era il
positrone o anti-elettrone. Questa fu la prima evidenza sperimentale dell'esistenza delle antiparticelle. In seguito sono stati osservati altre antiparticelle!
Secondo la teoria attuale, lo schema fondamentale della natura comprende 24 particelle elementari.
Le particelle sono
6 tipi di quark e
6 di antiquark;
6 particelle libere dette leptoni e
6 rispettive antiparticelle.