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Bicicletta

I primi a pensare a un mezzo di trasporto a due ruote furono forse i Cinesi, circa 11.000 anni fa. In seguto anche i Sumeri e gli Egizi pensarono a qualcosa di simile.

Nel '500, mentre Leonardo Da Vinci progettava macchine da guerra, forse un suo allievo disegnò la bicicletta. Infatti nelle sue cartelle fu trovato uno schizzo che non lascia dubbi.

Mentre in Europa c'era la rivoluzione francese, il conte Mede de Sivrac inventò una semplice macchina e la chiamò velocifero o celerifero. Questa macchina aveva due ruote collegate da un asse di legno e per andare avanti si doveva spingere con i piedi. In discesa, ovviamente non ce n'era bisogno. Era un giocattolo per ragazzi grandi, perché era pericoloso; infatti non aveva freni e non poteva fare le curve. I costruttori gli davano spesso forme di animali.

L'inventore del manubrio fu un signore con un nome lunghissimo; si chiamava Karl Christian Lundwig Drais Von Sauerbrohm. In Italia il velocifero col manubrio e freno venne chiamato "draisina".

Un giorno un ragazzo di soli 15 anni che si chiamava Ernest Michaux e che aiutava il papà in officina, inventò i pedali e li montò alla ruota davanti, che obbligatoriamente divenne più grande di quella posteriore, pena una velocità troppo ridotta e la perdita dell'equilibrio. In effetti una bici non cade di lato grazie all'effetto giroscopico, che però si innesca solo quando si raggiunge una velocità minima. Questo effetto è sfruttato anche per altre cose.

Michaux provò anche a fare una fabbrica di biciclette, che a quel tempo venivano chiamate "velocipedi", ma non ne vendette molte. Intanto Eugene Meyer inventò i raggi e James Starley li rese "tangenziali", cioè non perpendicolari al mozzo, per ripartire meglio il carico. Il mezzo divenne così molto più leggero, ma rimaneva molto scomodo e non poteva essere usato da tutti perché si poteva facilmente cadere. L'altezza da terra era infatti eccessiva e la pedalata non era agevole.

I primi telai erano di legno, poi si iniziarono ad usare tubi di ferro. Le ruote vennero rivestite di gomma piena.

Il primo a pensare ad un sistema di trasmissione a ingranaggi fu un orologiaio di nome A. Guilnet. Questa idea fu sfruttata dal meccanico Weier, che inventò la trasmissione a catena. Praticamente c'era un ingranaggio molto grande (corona o moltiplica) attaccato alla pedivella di un pedale, e collegato, attraverso una speciale catena a rulli, a un ingranaggio più piccolo (rocchetto o pignone), fissato alla ruota posteriore. Ad un giro di pedali corrispondevano diversi giri della ruota. In questo modo si evitò di costruire biciclette con le ruote troppo grandi.

Un tempo i ciclisti che si apprestavano ad effettuare una salita montavano una ruota posteriore con un pignone più grande. Ovviamente dovevano fermarsi e impiegavano molto tempo. Nel 1905 Paul de Vivie inventò il cambio a deragliatore, perfezionato poi da Tullio Campagnolo. Questo meccanismo, usato tuttora e azionato da una leva, è in grado di far saltare la catena da un ingranaggio all'altro, in modo che possa essere usato quello più adatto all'inclinazione del percorso.

Per molto tempo, specialmente quando non tutti ancora potevano comprarsi un auto, la bicicletta divenne il mezzo di trasporto preferito. Venne dotata di copricatena e di parafanghi per non sporcarsi, cestino per la spesa, luce notturna con generatore dinamo, sellino ammortizzato, manubrio regolabile, campanello…

Negli anni ormai andati le donne non potevano portare i pantaloni, perciò i telai delle loro biciclette avevano il tubo superiore ricurvo. A volte portavano le gonne pantalone, proprio per stare comode in bicicletta.

Un tempo le ruote di gomma piena risultavano appiccicose e maleodoranti; rammollivano con il caldo e indurivano con il freddo. Ma un giorno il signor Goodyear scoprì il modo per far scomparire questi problemi. Egli notò infatti che un miscuglio di gomma e zolfo, caduto per caso sulla sua stufa accesa, aveva acquistato delle proprietà elastiche e di resistenza sorprendenti! Introdusse quindi, nella sua fabbrica, quello che oggi viene chiamato processo di vulcanizzazione della gomma.

Molti capirono allora che con la gomma si poteva fare di tutto, e fu così che il signor Dunlop, nel 1887, inventò la camera d'aria, montandola per la prima volta sul triciclo del figlio.

Le prime biciclette con pneumatici a camera d'aria furono le Humatic, dal nome del loro costruttore (W.Hume), che le presentò alla Esposizione internazionale. Da quel giorno il successo delle biciclette fu inarrestabile.

Ne nacquero di pieghevoli, da corsa con il manubrio ricurvo, da passeggio, da montagna; e nacquero le prime associazioni di ciclisti e le prime gare: la Parigi-Rubaix, il Tour de France, il Giro d'Italia. Ma questa è un'altra storia.

Una delle prime bici da montagna fu la Schwinn Excelsior, costruita da Ignaz Schwinn nel 1933. Negli anni seguenti venne perfezionata ed ebbe un enorme successo. In Italia venne lanciata negli anni '80 dalla ditta Cinelli, che presentò il modello Rampichino. Oggi ne esistono anche di ammortizzate.

Parallelamente nacquero anche le bici da cross a rocchetto fisso e con il manubrio alto, dette anche BMX, oggi maggiormente usate per discipline sportive come il trial e il freestyle, in cui si devono superare ostacoli o eseguire acrobazie.


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